GIULIANOVA – Le risposte che si attendevano dall’autopsia non sono arrivate: le pessime condizioni dei resti del cadavere di Renata Rapposelli non hanno permesso di chiarire come sia morta la pittrice 64enne che gli investigatori hanno cercato dal 9 ottobre e hanno ritrovato nei pressi del fiume Chienti, a Tolentino, il 10 novembre. Un caso di omicidio, dunque, che conta un cadavere, due indagati, l’ex marito e il figlio, ma ancora nessun collegamento diretto tra questi e quello: come è stata uccisa la pittrice? Non è un passaggio di secondo piano, se ad essere accusati della morte della donna ci sono due persone e soprattutto parenti stretti. E alllora è frenetica in queste ore l’attività dei carabinieri per fare chiarezza. Intanto è stata sequestrata la macchina del figlio, che già i Ris avevano setacciato, anche con il luminol, una decina di giorni fa in una officina meccanica di Giulianova. L’obiettivo è chiaro: rintracciare eventuali dettagli da poter collegare alla zona in cui è stato trovato il cadavere, erba o fango, ad esempio, e viceversa, individuare eventuali impronte di pneumatico compatibile con quelli dell’utilitaria. Insomma, collocare quella macchina in quella zona, perchè quell’auto è la stessa con cui il coniuge Giuseppe Santoleri dice di aver riaccompagnato la donna nelle Marche, ma a Loreto, dopo la lite nell’appartamento di Giulianova. Oggi i militari hanno fatto un sopralluogo in casa della pittrice, ad Ancona, per percorrere in senso inverso la strada fatta dalla donna verso l’Abruzzo, semmai a Giulianova non fosse mai arrivata. E all’indomani del ritrovamento del cadavere in un canneto sul greto del Chienti, assume una particolare sfumatura l’intervista rilasciata dal figlio della vittima, Simone Santoleri, alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’, quando erano ancora in corso le ricerche della donna. Riferendo la telefonata dei carabinieri che l’avvrtivano della denuncia di scomparsa, lui sottolinea carabinieri di Cingoli, mi viene in mente Chienti non so perchè, ma è Cingoli…». Ma per l’avvocato Alessandro Angelozzi è solo un’ipotesi suggestiva: «Non voleva dire – ha dichiarato – quello che voi giornalisti pensate».
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